Niente più regolamento per definire i criteri di ripartizione degli incentivi per le funzioni tecniche, regolati dall’articolo 45 del d.lgs 36/2023.
Il nuovo codice dei contratti innova sensibilmente la disciplina connessa all’incentivo, sfrondando l’elemento certamente ridondante del regolamento, indicato in precedenza come presupposto per l’erogazione dei fondi.
Per cogliere le modifiche è opportuno confrontare i primi 3 commi dell’articolo 113 del d.lgs 50/2016 con i primo 4 commi dell’articolo 45 del d.lgs 36/2023:
articolo 113 del d.lgs 50/2016 articolo 45 del d.lgs 36/2023
1. Gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori ovvero al direttore dell’esecuzione, alla vigilanza, ai collaudi tecnici e amministrativi ovvero alle verifiche di conformità, al collaudo statico, agli studi e alle ricerche connessi, alla progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione quando previsti ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, alle prestazioni professionali e specialistiche necessari per la redazione di un progetto esecutivo completo in ogni dettaglio fanno carico agli stanziamenti previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti. 1. Gli oneri relativi alle attività tecniche indicate nell’allegato I.10 sono a carico degli stanziamenti previsti per le singole procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti. In sede di prima applicazione del codice, l’allegato I.10 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.
2. A valere sugli stanziamenti di cui al comma 1, le amministrazioni aggiudicatrici destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti delle stesse esclusivamente per le attività di programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, di RUP, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti. Tale fondo non è previsto da parte di quelle amministrazioni aggiudicatrici per le quali sono in essere contratti o convenzioni che prevedono modalità diverse per la retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti. Gli enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale. La disposizione di cui al presente comma si applica agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione. 2. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti destinano risorse finanziarie per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti specificate nell’allegato I.10 e per le finalità indicate al comma 5, a valere sugli stanziamenti di cui al comma 1, in misura non superiore al 2 per cento dell’importo dei lavori, dei servizi e delle forniture, posto a base delle procedure di affidamento. Il presente comma si applica anche agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione. È fatta salva, ai fini dell’esclusione dall’obbligo di destinazione delle risorse di cui al presente comma, la facoltà delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti di prevedere una modalità diversa di retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti.
3. L’ottanta per cento delle risorse finanziarie del fondo costituito ai sensi del comma 2 è ripartito, per ciascuna opera o lavoro, servizio, fornitura con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, tra il responsabile unico del procedimento e i soggetti che svolgono le funzioni tecniche indicate al comma 2 nonché tra i loro collaboratori. Gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione. L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore stabilisce i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi non conformi alle norme del presente decreto. La corresponsione dell’incentivo è disposta dal dirigente o dal responsabile di servizio preposto alla struttura competente, previo accertamento delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti. Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare l’importo del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo. Le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, incrementano la quota del fondo di cui al comma 2. Il presente comma non si applica al personale con qualifica dirigenziale. 3. L’80 per cento delle risorse di cui al comma 2, è ripartito, per ogni opera, lavoro, servizio e fornitura, tra il RUP e i soggetti che svolgono le funzioni tecniche indicate al comma 2, nonché tra i loro collaboratori. Gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione. I criteri del relativo riparto, nonché quelli di corrispondente riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro, a fronte di eventuali incrementi ingiustificati dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo, sono stabiliti dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, secondo i rispettivi ordinamenti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del codice. 4. L’incentivo di cui al comma 3 è corrisposto dal dirigente, dal responsabile di servizio preposto alla struttura competente o da altro dirigente incaricato dalla singola amministrazione, sentito il RUP, che accerta e attesta le specifiche funzioni tecniche svolte dal dipendente. L’incentivo complessivamente maturato dal dipendente nel corso dell’anno di competenza, anche per attività svolte per conto di altre amministrazioni, non può superare il trattamento economico complessivo annuo lordo percepito dal dipendente. L’incentivo eccedente, non corrisposto, incrementa le risorse di cui al comma 5. Per le amministrazioni che adottano i metodi e gli strumenti digitali per la gestione informativa dell’appalto il limite di cui al secondo periodo è aumentato del 15 per cento. Incrementa altresì le risorse di cui al comma 5 la parte di incentivo che corrisponde a prestazioni non svolte dai dipendenti, perché affidate a personale esterno all’amministrazione medesima oppure perché prive dell’attestazione del dirigente. Le disposizioni del comma 3 e del presente comma non si applicano al personale con qualifica dirigenziale
La nuova disciplina non solo è scritta in modo più chiaro, ma appare connotata da una serie di rilevanti novità:
sparisce la necessità di costituire un fondo nel quale far transitare le risorse dei quadri economici; in tal modo, la fonte di finanziamento è direttamente il quadro economico;
sono meglio specificate le attività oggetto dell’incentivo, indicate nell’allegato I.10;
il 2% è commisurato non agli importi “a base di gara” ma agli importi “a base delle procedure di affidamento”, il che permette di ritenere che gli incentivi spettino per qualsiasi tipo di sistema di affidamento, compreso quello diretto;
risulta più chiaro che gli incentivi riguardano anche gli appalti relativi a servizi o forniture, nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione;
l’ammontare massimo dell’incentivo non è più da contenere entro il 50% della retribuzione annuale lorda: sale al 100% di essa;
sparisce la previsione che le risorse siano da ripartire “con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti”.
Concentrando l’attenzione su questo ultimo (non per importanza) punto, si possono porre le seguenti domande:
un regolamento è comunque necessario?
se sì, quale sarebbe l’organo competente ad approvarlo, consiglio o giunta;
se no, quale diverso atto è da prevedere?;
in ogni caso entro quale termine vanno adottati i criteri di ripartizione?
Andando con ordine, partiamo dalla prima domanda: a) un regolamento è comunque necessario? La risposta, per quanto concerne i rapporti di lavoro privatizzati – tra essi quelli del comparto funzioni locali – è certamente negativa.
Le ragiono sono più di una. La prima: il d.lgs 36/2023 ha inteso incidere in maniera chiara sulla materia degli incentivi, sopprimendo in modo inequivocabile la necessità di porre un regolamento a presupposto della fissazione dei criteri di riparto.
In tal modo, la norma viene resa meglio coerente col sistema ordinamentale che stabilisce le competenze in merito alla regolazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, che si rinvengono in particolare:
nell’articolo 2, comma 3, del d.lgs 165/2001: “I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all’articolo 45, comma 2. L’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell’articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all’articolo 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall’entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva”;
nell’articolo 40, comma 1, del d.lgs 165/2001: “La contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalità previste dal presente decreto. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità, la contrattazione collettiva è consentita nei limiti previsti dalle norme di legge. Sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421”;
nell’articolo 40, comma 3-quinquies, primo periodo, del d.lgs 16572001: “La contrattazione collettiva nazionale dispone, per le amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 41, le modalità di utilizzo delle risorse indicate all’articolo 45, comma 3-bis, individuando i criteri e i limiti finanziari entro i quali si deve svolgere la contrattazione integrativa”;
nell’articolo 7, comma 4, lettera a), del Ccnl 16.11.2022: “i criteri di ripartizione, espressi in termini percentuali o in valori assoluti, delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa di cui all’art. 80, comma 1 del presente CCNL tra le diverse modalità di utilizzo”.
In poche parole: l’attuale sistema delle fonti di regolazione del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato riserva alla contrattazione collettiva, nazionale e decentrata, la materia della regolazione del rapporto e, in particolare, della retribuzione dei dipendenti.
Pertanto, un regolamento non può e non deve intervenire in questo ambito di regolazione, nemmeno se preceduto dalla necessaria contrattazione.
L’articolo 113, comma 3, del. D.lgs 50/2016, era stato scritto ancora ripetendo norme molto più datate, risalenti nella sostanza agli anni ’90 del secolo scorso, quando ancora non era in pieno divenuto efficace il processo di contrattualizzazione del rapporto di lavoro; conseguentemente faceva ancora – erroneamente – riferimento al regolamento, mediando questo residuato storico di un sistema di disciplina del rapporto di lavoro ormai superato, con la necessità di una preventiva negoziazione in sede di contrattazione decentrata.
Il regolamento, nella sostanza, era solo un doppione, per altro inutile visto che non poteva altro se non riprendere le indicazioni della contrattazione decentrata.
Bene si è fatto col d.lgs 36/2023 ad eliminare il regolamento come fonte di fissazione dei criteri di ripartizione degli incentivi, dunque.
Non v’è ragione alcuna, alla luce delle disposizioni esaminate prima, per ritenere che sopravviva il regolamento come fonte che contribuisca, quindi, a disciplinare la materia.
La seconda domanda è: se fosse ancora necessario il regolamento, quale sarebbe l’organo competente ad approvarlo, consiglio o giunta? La risposta al primo quesito conduce ad una conseguente ed inevitabile risposta al secondo: non essendo più necessario alcun regolamento, non c’è da individuare alcun organo di governo competente ad adottare il regolamento stesso.
Possiamo passare, allora, alla terza domanda: se il regolamento non è necessario, quale diverso atto è da prevedere? Anche in questo caso, la risposta da dare va resa coerente con le riflessioni esposte in sede di analisi del primo quesito.
Poiché il regolamento è definitivamente cancellato e non necessario e visto che la regolazione del rapporto di lavoro e, in particolare, del trattamento economico è pertinenza della contrattazione, la fonte di regolazione dei criteri di ripartizione degli incentivi è il contratto collettivo decentrato di lavoro.
Non conta che gli incentivi non debbano transitare più per il fondo della contrattazione decentrata: è bene ricordare che la contrattazione decentrata è chiamata in causa anche per la determinazione dei i criteri generali per la determinazione della retribuzione di risultato dei titolari di incarico di Elevata Qualificazione (ex PO), finanziata da stanziamenti di bilancio e non dal fondo.
Il contratto decentrato, quindi, può e deve costituire fonte di specificazione dei criteri di ripartizione degli incentivi, sebbene essi trovino la fonte del finanziamento non nel fondo della contrattazione decentrata, bensì nei capitoli di bilancio destinati al quadro economico degli interventi.
Trattandosi di criteri, le parti non debbono specificare somme, ma indicare invece se e quando e in che misura, evidentemente percentuale, l’incentivo sia attribuibile in relazione all’attività svolta, tra quelle elencate nell’allegato I.10, in modo che tali criteri siano sempre trasversalmente applicabili a qualsiasi intervento.
Ultima domanda: ma, entro che termine occorre adottare i criteri di ripartizione? L’articolo 45, comma 3, ultimo periodo, si esprime così: “entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del codice”. Dunque, visto che il codice è entrato in vigore l’1.4.2023, la scadenza è l’1.5.2023.
Vero è che le disposizioni del codice divengono efficaci l’1.7.2023, ma il riferimento dell’articolo 45, comma 3, all’entrata in vigore sul piano formale appare indiscutibile. La scadenza è l’1.5.2023.
Sicuramente, è una scadenza troppo ravvicinata che non tiene conto in particolare dei tempi della contrattazione decentrata. Ma, ovviamente, non è un termine perentorio e decadenziale, ma soltanto sollecitatorio. Il suo superamento non comporta di certo la perdita del potere delle parti di contrattare i criteri di ripartizione. Ovviamente, è bene fare il più presto possibile, per avere disponibile già il sistema di incentivazione pronto e vigente per gli appalti da gestire da aprile 2023 in poi.
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