La tassa sui cellulari
Con la sentenza n. 19464 del 15 settembre scorso, la Corte di Cassazione ha confermato la validità della tassa di concessione "per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione". Con questo indirizzo, già anticipato con la sentenza n. 9560 del 2 maggio 2014 si conclude un’annosa questione giurisprudenziale. La meglio nota “tassa sui telefonini” deve dunque essere pagata anche dai Comuni: numerosi enti locali avevano fatto singolarmente ricorso contro questo tributo, ritenendolo in contrasto con i principi dell’Unione europea in materia di liberalizzazioni, e ne chiedevano il rimborso. Il sistema degli enti locali della Valle d’Aosta ha fatto invece una scelta diversa: gli 83 enti locali valdostani (Comuni, Comunità montane, Consorzio BIM), per il tramite del CELVA si sono mossi in maniera associata contro questo tributo attraverso un ricorso cumulativo che aveva di fatto costituito uno dei primi esempi di “class action” promossi a livello nazionale da enti locali. Azione legale intrapresa a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice delle comunicazioni (d.lgs. 259/2003), che aveva consolidato un orientamento giurisprudenziale secondo il quale la tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile in abbonamento non fosse più dovuta. Nel dicembre del 2010 il CELVA aveva infatti avanzato la prima istanza cumulativa di rimborso degli enti locali valdostani all’Agenzia delle entrate, che è stata rigettata nel febbraio del 2011. Il Consorzio ha successivamente proposto un ricorso avanti alla Commissione tributaria provinciale di Aosta, che nel febbraio 2012 ne ha dichiarato l’inammissibilità legata alla forma del ricorso cumulativo. Con l’intento di raggiungere un giudicato di merito, il CELVA ha presentato un ricorso in appello avanti alla Commissione tributaria regionale di Aosta, che con sentenza del giugno 2013 ha dichiarato ammissibile il ricorso cumulativo, pur rigettandolo nel merito in applicazione della sentenza della Cassazione n. 23052 del 2012. A fronte di tale decisione, gli enti locali avrebbero potuto fare ulteriore ricorso presso la Suprema Corte, ma non era stato ritenuto opportuno alla luce di un intervento normativo del legislatore nazionale nel decreto fiscale 2014.
Sul tema è intervenuto il presidente del CELVA, Bruno Giordano: “A garanzia che in Italia le regole non sono mai certe, il “no” definitivo della Corte di Cassazione ai ricorsi presentati da numerosi Comuni di tutta Italia conferma in giurisprudenza ciò che il Governo aveva già cercato di modificare a proprio favore, inserendo nel decreto fiscale 2014 una norma di interpretazione che, con effetto retroattivo, prevedeva che anche i telefoni cellulari fossero soggetti a tributo. Per gli enti valdostani, l’obiettivo era ottenere il rimborso degli importi versati per l’imposta nel periodo 2005/2009, per un totale che avevamo stimato in circa 700mila euro: soldi che avremmo potuto recuperare per far quadrare i nostri bilanci. Allo stesso tempo, a differenza delle altre Amministrazioni coinvolte nel ricorso, noi abbiamo fatto la scelta di agire insieme, per risparmiare i costi di patrocinio legale. Senza metterne in discussione le pronunce, se la Corte di Cassazione si fosse espressa diversamente si sarebbe potuta concretizzare l’ipotesi di un maxi-rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate. Da amministratore mi dispiace vedere che troppo spesso i Comuni sono coinvolti controvoglia in una partita con il giocatore-Stato, che tende molto spesso a scrivere le regole del gioco a proprio favore, ma dove in palio ci sono le risorse necessarie. Ogni anno la tassa di concessione genera per le casse dello Stato circa 800 milioni di euro: si tratta di risorse che vengono prelevate al tessuto produttivo e agli enti pubblici; meno soldi per tutti, che non vengono certamente redistribuiti”