News

Il codice dei contratti e attività formative

PNRR Academy: al via la FAD sul nuovo Codice dei Contratti

Da mercoledì 28 giugno 2023 sono disponibili sulla piattaforma nazionale appalti le lezioni FAD (asincrone) sul nuovo codice appalti D.Lgs 36/23 previsti dalla UNIT 1, del Piano nazionale di formazione per l’aggiornamento professionale dei RUP annualità 2022-2023 (PNRR Academy).

 

L’attività formativa è totalmente gratuita, disponibile alla piattaforma nazionale e-learning ed è realizzata da MIT-SNA-ITACA-IFEL con la collaborazione della Rete degli osservatori regionali sui contratti pubblici.

 

L’obiettivo del corso è quello di fornire agli utenti una formazione base sul nuovo codice appalti. L'attività formativa rientra tra i "percorsi base" in materia di contrattualistica pubblica e concorre al raggiungimento dei requisiti formativi previsti dal nuovo sistema di qualificazione di cui agli art. li 62 e 63 e dell'allegato II.4 del D.Lgs 36/23.

 

Al termine dell’intero ciclo formativo è previsto un test finale per il rilascio dell’attestato.

Adeguamento contratti di servizio rifiiuti

Gestione Rifiuti: tre mesi per adeguare i contratti di servizio vigenti sulla base dei PEF


Con l’emanazione del Documento per la Consultazione 262/2023/R/rif del 13 giugno scorso, ARERA ha approvato gli orientamenti finali in relazione al contratto di servizio per la regolazione dei rapporti fra enti affidanti e gestori del servizio dei rifiuti urbani, di cui propone per la prima volta lo schema tipo di riferimento. In tale documento si rilevano alcune ipotesi di impostazione apprezzabili la cui effettiva applicabilità è tuttavia condizionata dall’impatto che potrebbe avere il PEF TARI predisposto secondo MTR-2 (ovvero il metodo tariffario vigente).

Il Piano Economico Finanziario di Affidamento. Una novità particolarmente interessante ed utile nel definire e tutelare i rapporti tra enti e gestori è certamente rappresentata dal Piano Economico Finanziario di Affidamento, regolato dagli articoli 8 e 9 dell’Allegato A al Documento di Consultazione, che dovrà essere allegato al contratto di servizio (di cui costituirà parte integrante e sostanziale). La composizione di tale documento non è però operativamente dettagliata e non è quindi chiaro se si dovrà compilare un tool identico a quello dei Piani Finanziari regolati dal MTR-2. Questi ultimi sono infatti completamente basati sulla rilevazione dei costi dell’anno a-2, improponibile nei casi di nuovi affidamenti dove dovrebbe valere la deroga prevista dall’articolo 1.5 della Determinazione ARERA n. 2/DRIF/2021:

“Ove, in conseguenza di avvicendamenti gestionali, non siano disponibili i dati di costo di cui all’articolo 7 del MTR-2, il gestore subentrante tenuto alla predisposizione del piano economico finanziario deve:

[…] b) nei casi di avvicendamenti gestionali aventi decorrenza a partire dall’anno di riferimento del piano economico finanziario e, qualora non si disponga di dati effettivi parziali, fare ricorso alle migliori stime dei costi del servizio per il medesimo anno”.

ARERA anticipa che per quanto riguarda le modalità di affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti, nell’ambito del procedimento finalizzato alla definizione degli schemi di bandi di gara (deliberazione 50/2023/R/RIF), saranno fra l’altro disciplinati i criteri per la determinazione dell’importo a base di gara, nonché per la formulazione e la valutazione delle offerte (economiche e tecniche) affinché le stesse siano coerenti con le previsioni regolatorie in materia tariffaria e di qualità.

Non è però chiaro cosa avvenga nel caso di aggiornamento del Piano Finanziario di Affidamento nelle annualità in cui saranno disponibili i costi di cui all’anno a-2: in caso di disallineamento quali saranno i valori che prevarranno, quelli previsionali o quelli a consuntivo riferiti a due anni precedenti? In questo secondo caso i dati potrebbero essere sensibilmente più elevati (nel caso di sottostima dei costi in sede di affidamento) oppure più bassi (qualora l’efficientamento abbia condotto a risparmi rispetto a quanto stimato 2 anni prima). In tali circostanze come sarebbe tutelato il principio di concorrenza dal momento che il valore di corrispettivo in sede di affidamento sarebbe soppiantato dal valore emergente dall’applicazione del metodo tariffario pro-tempore vigente?

Eppure il testo non sembra chiarire univocamente che il PEF di Affidamento dovrà seguire lo stesso iter del PEF ordinario introdotto dalla Delibera 363/2021: all’articolo 9 si parla di aggiornamento del primo con procedura partecipata che prende le mosse da una presentazione dello schema di aggiornamento da parte del Gestore. Tuttavia il PEF “tariffario” (fino ad oggi usato per la determinazione delle tariffe e non del corrispettivo tra ETC e Gestore) è da rivedere a intervalli definiti dall’Autorità (ad es. entro il 30 aprile 2024) e non occorre quindi un’istanza di parte costituendo esso stesso un adempimento. Nel Documento di Consultazione infatti ARERA dispone che “L’Ente territorialmente competente garantisce per tutta la durata dell’affidamento la coerenza fra il corrispettivo spettante al gestore e l’ammontare dei costi riconosciuti dal metodo tariffario pro tempore vigente, assicurandone l’adeguamento in sede di approvazione e aggiornamento della predisposizione tariffaria ai sensi dalla regolazione vigente”. Ciò lascia supporre che il Piano Finanziario di Affidamento dovrà essere aggiornato sulla base di quanto dispone ARERA mediante il Piano Finanziario “ordinario” con tutte le problematiche anticipate sopra, che l’avvicendamento tra i due potrebbe generare.

Le criticità più evidenti. Decorsi due anni dall’affidamento il valore del corrispettivo potrebbe dover essere calcolato sulla base dei costi “efficienti” rilevati nel bilancio della Società di due anni precedenti, a cui potranno essere applicati eventuali correttivi anche sulla scorta della procedura di validazione effettuata dagli Enti Territorialmente Competenti. Una simile statuizione porterebbe con sé conseguenze davvero inedite ed una serie di criticità evidenti. In primis, l’approvazione del testo così come presentato dall’Autorità aprirebbe la strada ad una sorta di ripiano a consuntivo dei costi sostenuti dal Gestore che, al pari di quanto avviene oggi per determinare i Piani Finanziari, individua all’interno del proprio bilancio (conto economico) i costi per l’effettuazione del servizio: non sarà per nulla immediato per i diversi ETC (talvolta costituiti anche da Comuni di piccolissime dimensioni) verificare che tali valori siano “efficienti” come richiede ARERA, dal momento che essi sono semplicemente quelli sostenuti dal Gestore due anni prima, con l’applicazione degli eventuali driver utili a ripartire forfetariamente costi di carattere generale o più frequentemente non allocabili alle diverse singole Gestioni, vista l’infrequenza dell’adozione di sistemi di contabilità analitica da parte delle Società che erogano i servizi.

Si pensi anche al potenziale incremento annuale dei costi del servizio: nell’attuale sistema ciò è consentito per i contratti a misura, solo in presenza di maggiori rifiuti conferiti o nei casi di incremento degli indici di inflazione. Con un’attuazione come quella sopra ipotizzata invece il corrispettivo non potrà tenere conto di tali variabili in quanto il Piano Finanziario, basato sui costi dell’anno a-2, non sarebbe sufficientemente allineato alla situazione dei costi dell’anno in cui esso viene elaborato: ciò che è accaduto nell’anno 2023 è piuttosto emblematico, con i Gestori che hanno potuto far valere le clausole contrattuali che prevedevano un incremento del corrispettivo sulla base dell’aumento del carovita e che un domani, se vincolati ad applicare i valori di due anni precedenti, non potranno più procedere in tal senso, vincolati ad introitare solo quanto desunto dal bilancio e con la possibilità di vedersi riconosciuto il maggior costo derivante da inflazione, ed effettivamente sostenuto nella stessa annualità, soltanto due anni dopo, generando quindi evidenti disallineamenti nella gestione. Non solo l’inflazione: anche l’eventuale rincaro di costi specifici sostenuti dal Gestore, ad esempio quelli relativi all’accesso ad impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, non potrebbe essere valorizzato adeguatamente in quanto letteralmente tale incremento non rientra tra le motivazioni per la valorizzazione dei Costi Operativi Incentivanti che consentirebbero un incremento dei costi efficienti solo in presenza di specifici target di miglioramento da perseguire. In questo modo la remunerazione del Gestore avverrebbe ancora sulla base di costi relativi all’anno a-2 sebbene i costi effettivamente sostenuti possano essere già più elevati, generando un’assurda necessità di anticipazione di esborso non coperto dalle entrate garantite per contratto.

Si può ancora citare la problematica connessa al perseguimento dell’efficienza operativa: ad oggi una Società che si aggiudica il servizio potrà efficientare per contenere i costi e dunque aumentare il profitto (nel caso di Società privata) o ridurre la spesa per il Comune e conseguentemente le tariffe (nel caso di Società in house). Se però il corrispettivo dovesse coincidere con il valore determinato nel Piano Finanziario “ordinario” (ex MTR-2) l’efficientamento non genererebbe un maggior guadagno per la Società, ovviamente a parità di prestazione resa. Questo sistema potrebbe, quindi, condurre a comportamenti opportunistici non incentivanti, mantenendo livelli di costo lineari nel tempo, in merito ai quali non è detto che l’Ente Territorialmente Competente disponga degli elementi per intervenire (soprattutto se si tratta di Comune di piccole dimensioni, ad esempio).

L’aggiornamento dei contratti attualmente in vigore. Tutto quanto esposto fin qui fa riferimento alla concomitanza dei Piani Finanziari tariffario e di affidamento in caso di nuova assegnazione del servizio. Tuttavia l’Autorità è orientata a prevedere che i contratti di servizio debbano essere resi conformi allo schema tipo entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento. Ciò significa che l’adeguamento coinvolgerebbe tutti i contratti attualmente in essere, per i quali ad oggi il corrispettivo si basa sul valore di affidamento determinato non necessariamente (anzi solo in rari casi) su modalità difformi dal metodo tariffario MTR-2. Non è quindi affatto chiaro se ed in che modo dovranno essere redatti Piani Economico Finanziari di Affidamento o se il corrispettivo dovrà subire modificazioni in corsa (ed in tale ultimo caso come ciò impatterebbe sulla tutela della concorrenza). In moltissimi casi da noi esaminati, infatti, i Piani Finanziari redatti dai Gestori sulla base del MTR-2 riportavano valori complessivi di costo più elevati rispetto agli importi relativi agli affidamenti in essere: a questo proposito ARERA nel precedente documento di consultazione (643/2022) aveva indicato “l’Autorità ritiene necessario che il contratto di servizio dia esplicita evidenza:

• al principio per cui i costi risultanti dal piano economico finanziario del gestore costituiscono il valore massimo riconoscibile al gestore medesimo;

• all’accordo tra le parti disciplinante l’esercizio della facoltà di riconoscere quale corrispettivo contrattuale un valore inferiore a quello risultante dai costi riportati nel piano economico finanziario senza pregiudicare l’equilibrio economico finanziario. In particolare, si ritiene opportuno che le parti esplicitino, in coerenza con l’offerta economica presentata in sede di affidamento del servizio, se e a quali condizioni il gestore s’impegna ad accettare un corrispettivo contrattuale inferiore ai costi riportati nel piano economico finanziario in coerenza con la metodologia tariffaria pro tempore vigente”.

Tale indicazione è tuttavia scomparsa nel testo del Documento in commento e ciò pare vincolare ancora di più i contraenti a rispettare, senza la possibilità di accordi tra le parti, quanto emerge dal Piano Finanziario assumendo tali importi quali corrispettivi del servizio.

In ultima analisi occorre evidenziare che quanto sin qui riportato allude al rapporto frequente tra Ente Territorialmente Competente (talvolta impersonato dal Comune affidante) ed il Gestore affidatario del servizio di raccolta, trasporto rifiuti e spazzamento stradale; in moltissimi casi, tuttavia, la Gestione della Tariffa e Rapporto con gli utenti è in capo al Comune stesso. Ogni riferimento al Gestore che si rintraccia nel testo del Documento di Consultazione così come nell’Allegato Schema Tipo di Contratto è riferito genericamente al Gestore e ciò letteralmente farebbe supporre che vada sottoscritto un contratto altresì tra Ente Territorialmente Competente e Comune in veste di Gestore della Tariffa, pur sapendo che tale rapporto non è ad oggi mai stato regolato da alcun contratto, alla luce del fatto che l’ente locale resta il titolare dell’entrata in tutti i casi di TARI-tributo.

A margine di queste considerazioni ci preme ricordare che ARERA segnala a tutti i soggetti interessati che entro il 5 luglio potranno essere trasmesse le osservazioni e proposte in forma scritta sul documento di consultazione finale messo a disposizione (scaricabile qui). Invitiamo tutti coloro che condividano le preoccupazioni sopra espresse ed interessati ad ulteriori approfondimenti sulla questione, a contattarci scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. per valutare eventuali azioni volte a sensibilizzare l’Autorità sulle possibili conseguenze di un sistema come quello che potrebbe delinearsi nell’immediato futuro.
www.neopa.it

I controlli difensivi e privacy

I controlli difensivi non elidono la privacy del lavoratore


Corte di Cassazione, sentenza n. 18168 del 26 giugno 2023

Occorre distinguere, anche per comodità di sintesi verbale, “tra i controlli a difesa del patrimonio aziendale che riguardano tutti i dipendenti (o gruppi di dipendenti) nello svolgimento della loro prestazione di lavoro che li pone a contatto con tale patrimonio, controlli che dovranno necessariamente essere realizzati nel rispetto delle previsioni dell’art. 4 novellato in tutti i suoi aspetti e ‘controlli difensivi’ in senso stretto, diretti ad accertare specificamente condotte illecite ascrivibili – in base a concreti indizi – a singoli dipendenti, anche se questo si verifica durante la prestazione di lavoro”; questi ultimi “controlli, anche se effettuati con strumenti tecnologici, non avendo ad oggetto la normale attività del lavoratore”, si situano, ancora oggi, “all’esterno del perimetro applicativo dell’art. 4” (Cass. n. 25732/2021 cit., punti 31 e 32).
Per non avere ad oggetto una “attività –in senso tecnico–del lavoratore”, il controllo “difensivo in senso stretto” deve essere “mirato” ed “attuato ex post”, ossia “a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto”, perché solo a partire “da quel momento” il datore può provvedere alla raccolta di informazioni utilizzabili (Cass. n. 25732/2021 cit., punti 40 e 44).
Tuttavia, anche “in presenza di un sospetto di attività illecita”, occorrerà, nell’osservanza della disciplina a tutela della riservatezza del lavoratore, e segnatamente dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, “assicurare un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, con un contemperamento che non può prescindere dalle circostanze del caso concreto” (Cass. n. 25732/2021 cit., punti 36 e 38, in cui si richiama Cass. n. 26682 del 2017).
I tre profili sono compendiati nel finale principio di diritto che così statuisce: “Sono consentiti i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto” (Cass. n. 25732/2021 cit., punto 51).
Il datore di lavoro, in sede di iniziativa finalizzata ad attuare un controllo per fini difensivi, è tenuto a compiere una valutazione relativa all’impatto concreto nei confronti della sfera personale dei lavoratori, alla stregua dei principi che regolano, per chiunque, le modalità di trattamento dei dati personali.
A partire dagli incombenti informativi previsti dall’art. 13 del Codice della privacy (vigente all’epoca dei fatti) e (successivamente) dall’art. 13 del Regolamento europeo, espressione altresì del principio generale di correttezza dei trattamenti, contenuto nell’art. 11, comma 1, lett. a), del Codice e nell’art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento.
Rispetto a tali incombenti, la deroga prevista dall’art. 13, comma 5, lett. b) del Codice, costituita dall’esigenza di “far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria”, ha posto la condizione che “i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
Secondo il successivo art. 24, comma 1, lett. f), per escludere il consenso dell’interessato, era richiesto dal Codice all’epoca vigente che il trattamento fosse “necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
In seguito, l’art. 6 par. 1, lett. f), del Regolamento ha confermato che una delle condizioni di liceità del trattamento è rappresentata dal fatto che lo stesso “è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi”, ma sempre “a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali”.
www.iusmanagement.org

Qualificazione stazioni appaltanti

Qualificazione Stazioni Appaltanti: prime indicazioni ANAC per avvio da 1 luglio 2023

Ai fini dell’operatività della qualificazione delle Stazioni Appaltanti dal 1 giugno si potrà presentare domanda di iscrizione all’elenco gestito da ANAC e dal 1 luglio scatterà l’obbligo.

 

E’ quanto si apprende dal Comunicato del Presidente ANAC del 17 maggio 2023.

 

Dal 1 luglio 2023, dunque, in base al nuovo Codice degli Appalti D. Lgs. n. 36/2023, diventerà operativo l’obbligo di qualificazione, con il blocco del rilascio del CIG (codice identificativo gara) per le Stazioni Appaltanti non qualificate.

 

Per favorire l’organizzazione delle Stazioni Appaltanti e razionalizzare l’avvio del sistema evitando disservizi, ANAC consentirà di presentare la domanda di iscrizione all’elenco delle Stazioni Appaltanti qualificate e delle Centrali di committenza già a partire dal 1 giugno 2023.

 

In via di prima applicazione l’elenco sarà aggiornato trimestralmente per permettere il continuo aggiornamento della platea dei soggetti abilitati a svolgere gare d’appalto in proprio o per conto di altre stazioni appaltanti, fermo restando la validità biennale dell’eventuale iscrizione intervenuta.

 

In base alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici, ricorda ANAC, bisogna essere qualificati per poter effettuare affidamenti di contratti di lavoro di importo superiore a 500.000 euro, e di servizi e forniture d’importo superiore alle soglie previste per gli affidamenti diretti, mentre non è necessaria la qualificazione per effettuare ordini sugli acquisti messi a disposizione delle centrali di committenza e dei soggetti aggregatori.

 

Fatta eccezione alcuni grandi soggetti iscritti di diritto (Ministero Infrastrutture, Consip, Invitalia, Difesa Servizi, eccetera), tutte le altre Stazioni Appaltanti sono tenute in ogni caso ad accedere al servizio online sul sito di ANAC per la presentazione della domanda.

 

Per venire incontro il più possibile alle Stazioni appaltanti, l’Autorità ha  inoltre predisposto uno schema di domande e risposte, utili a compilare il modulo di domanda di qualificazione, e accessibile sul sito www.anticorruzione.it.

 

L'imposta di bollo nel nuovo codice dei contratti

impostabollIl versamento dell’imposta di bollo, nel nuovo codice dei contratti pubblici, nel provvedimento dell’Agenzia delle entrate.

La notizia indicata, ulteriori note e documenti sull'argomento sono disponbili, per i soli Associati, nel menù: Gestione dell'ente-Fiscalità Locale

Gli accordi verticali di fissazione di prezzi minimi

accordiverticaliGli accordi verticali di fissazione di prezzi minimi di rivendita, nella sentenza della Corte di Giustizia UE.

La notizia indicata, ulteriori note e documenti sull'argomento sono disponibili, per i soli Associati, nella voce di menù: Gestione dell'ente-Appalti, Trasparenza e Anticorruzione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

bannercorsi

campagna adesione2024

ASFEL

Supporto e Formazione PA

Via Lepanto, 95 - 80045 Pompei (NA)

C.F. 90080340632 - P.I. 08339801212

. E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

. Pec: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Top
Questo sito utilizza cookie di profilazione propri e di terzi per inviarti pubblicità in linea con le tue preferenze. Utilizza anche cookie analytics propri e di terzi al fine di effettuare statistiche e monitoraggi sull'utilizzo del sito. Continuando a consultare ASFEL.it o chiudendo questo popup, acconsenti all'utilizzo dei nostri cookie Dettagli…