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Quale valore per la TARI in entrata

Bilancio 2024: quale valore per la TARI in entrata?

In queste ultime settimane dell’anno i Comuni si apprestano ad ultimare i bilanci di previsione 2024-2026 da approvare entro il 31 dicembre (qui la notizia di richiesta di una proroga). Con riferimento alle entrate tributarie, quella certamente più enigmatica da definire resta indubbiamente la TARI: l’importo in entrata, com’è noto, dovrà essere determinato sulla base del Piano Finanziario 2024 per cui la scadenza di approvazione è fissata al 30 aprile.

Ad oggi quindi la determinazione di quell’importo può avvenire solo in forma provvisoria, stante l’obbligatoria revisione del PEF disposta da ARERA. I Comuni possono pertanto perseguire la strada più ovvia, stanziando l’importo corrispondente al totale dei costi 2024 rinvenibile ad oggi nel Piano pluriennale adottato nel 2022 (o nel 2023 per i Comuni interessati dalla revisione infra-periodo ad inizio anno).

In molti casi, tuttavia, quell’importo non è più minimamente rappresentativo della situazione attuale in quanto – soprattutto per gli enti che non hanno provveduto ad alcuna revisione 2023 – i costi in essi riportati corrispondono a quelli inseriti nel 2022 e rilevati dai bilanci 2020 con una rivalutazione del tutto trascurabile. Potrebbe risultare quindi necessario, ai fini del rispetto dei criteri di veridicità, attendibilità e congruità del bilancio di previsione, adottare una revisione di tale valore ben sapendo che lo stesso non costituisce più indicazione veritiera. La revisione definitiva potrà avvenire solo a PEF approvato, ma il Comune nel frattempo potrà valutare un adeguamento dei valori attualmente presenti nel documento.

Una soluzione a nostro avviso praticabile consiste nella rivalutazione dell’importo relativo all’annualità 2023 per un valore che non potrà eccedere il limite alla crescita tariffaria (per lo meno salvo che ad oggi siano già fin troppo evidenti effetti di incrementi dei costi di gestione tali da rendere pressoché certo il superamento di tale limite). Il limite all’incremento previsto dalla nuova delibera 389/2023 del 3 agosto scorso di ARERA è rinvenibile nel 9,6% costituito dalla somma algebrica tra indice di inflazione programmato (al 2,7% fisso per tutte le gestioni), recupero di produttività al minimo (0,1%) e massima valorizzazione del coefficiente CRI che tiene conto dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione (7%). Naturalmente tale determinazione è provvisoria e sarà poi l’Ente Territorialmente Competente a valutare come valorizzare le componenti di cui sopra, oltre a quelle qui non citate, tutte contenute all’articolo 4 della deliberazione suddetta: pertanto nel dispositivo della deliberazione di approvazione del bilancio di previsione sarà necessario richiamare la transitorietà della determinazione del valore TARI. Tuttavia riteniamo che in presenza di condizioni di particolare evidenza circa l’incremento dei costi di gestione connesso alle dinamiche inflattive, i Comuni potranno adottare la soluzione prospettata con assoluta ragionevolezza, senza peraltro dover anticipare ulteriori considerazioni che troveranno in un momento posticipato dalla stessa disciplina normativa (il 30 aprile appunto) la dimensione definitiva.

 

Incentivi su concessione con il previgente codice

Non incentivabile il contratto di concessione nato in vigenza del d.lgs. 50/2016

Ormai non ci sono più dubbi sul fatto che l’articolo 45 del nuovo codice degli appalti includa anche le concessioni di lavori e servizi nell’ambito delle procedure di affidamento per le quali è consentita l’erogazione degli incentivi per funzioni tecniche al personale dipendente.

Ma il contratto di concessione nato in vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016, anche nell’eventualità in cui sviluppi la sua intera fase esecutiva negli anni di vigenza del nuovo codice dei contratti pubblici, resta comunque assoggettato, per quanto concerne l’erogazione degli incentivi per funzioni tecniche, alla disciplina dettata dal medesimo codice precedente.

Lo ha affermato la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Abruzzo con la recente deliberazione n. 332/2023/PAR.

Come già evidenziato in alcuni precedenti giurisprudenziali, infatti, la disciplina degli incentivi per funzioni tecniche prevista nel codice previgente all’articolo 113 non risulta essere comparabile né assimilabile a quella prevista nel nuovo codice all’articolo 45, in quanto fonda le basi per l’erogazione degli incentivi in parola su presupposti differenti: la prima disposizione, sui singoli appalti di lavori, servizi e forniture e la seconda, sulle procedure di affidamento.

Inoltre, al fine di non generare confusione circa il campo di applicazione delle procedure in essere nel periodo di transizione tra vecchio e nuovo codice, il legislatore del nuovo codice opera una puntuale e dettagliata ricognizione delle possibili fattispecie.

Vale ricordare, infatti, che il d.lgs. 36 del 2003, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo 2023 è entrato in vigore dal 1° aprile 2023 ed ha acquistato efficacia a partire dal 1° luglio 2023.

L’articolo 226 “Abrogazioni e disposizioni finali” prevede al comma 2 che “a decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell’articolo 229, comma 2, le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso.

A tal fine, per procedimenti in corso si intendono:

a) le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia;

b) in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, le procedure e i contratti in relazione ai quali, alla data in cui il codice acquista efficacia, siano stati già inviati gli avvisi a presentare le offerte;

c) per le opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione, oggetto di convenzioni urbanistiche o atti assimilati comunque denominati, i procedimenti in cui le predette convenzioni o atti siano stati stipulati prima della data in cui il codice acquista efficacia;

d) per le procedure di accordo bonario di cui agli articoli 210 e 211, di transazione e di arbitrato, le procedure relative a controversie aventi a oggetto contratti pubblici, per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia, ovvero, in caso di mancanza di pubblicazione di bandi o avvisi, gli avvisi a presentare le offerte siano stati inviati prima della suddetta data.”

 

Il legislatore ha, dunque, inteso assoggettare alla vecchia regolamentazione tutti i procedimenti iniziati prima del 30 giugno: di conseguenza, l’esecuzione del contratto quale parte del procedimento avviato in vigenza del vecchio codice resterà disciplinata da quest’ultimo.

 

Nessun cenno viene fatto in merito alla distinzione tra rapporti negoziali e disciplina delle regole di fruizione del fondo incentivante, poiché il legislatore fa riferimento in maniera unitaria alle procedure iniziate. D’altro canto, vengono considerate nell’art. 225 del nuovo codice diverse eccezioni e, in particolare, al secondo comma sono evidenziati in maniera puntuale gli articoli del previgente codice cui si applicano deroghe per la decorrenza dell’applicazione.

 

Il legislatore ha considerato gli effetti dell’introduzione del nuovo codice sulle differenti fattispecie in essere, disciplinandone puntualmente il periodo transitorio: non ricomprendendo tra queste l’art. 45 del nuovo codice, ha di fatto confermato l’applicazione dell’art. 113 del d.lgs. 50 del 2016 per tutta la durata della procedura.

 

Al riguardo, appare opportuno richiamare il principio generale di elaborazione giurisprudenziale del “tempus regit actionem”, valido ogniqualvolta la normativa vigente al momento in cui prende avvio il procedimento amministrativo renda inapplicabile lo ius superveniens (Sezione autonomie Del n. 16/2021/QMIG).

 

Tale interpretazione ricorre, secondo l’orientamento in parola, anche nel caso specifico all’esame, ove, essendosi già provveduto a delineare il quadro finanziario di competenza ed avendo avuto inizio il procedimento, trova applicazione il divieto di retroattività di cui all’art. 11, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale (disciplina preliminare al Codice civile).

neopa.it

 

Le riserve nei concorsi

Prendendo spunto dal nuovo art. 5 “Categorie riservatarie, preferenze e parità di genere” del d.p.r. 487/1994[1] per effetto delle modifiche introdotte dal d.p.r. 16 giugno 2023, n. 82, riepiloghiamo le riserve obbligatorie che caratterizzano i concorsi.

Vi sono, infatti, particolari categorie di cittadini che beneficiano di una quota di riserva nei concorsi per l’accesso al pubblico impiego; dette riserve, di regola, non possono superare la metà dei posti banditi.

Il principio è contenuto nell’art. 5, comma 1, del d.p.r. 3/1957[2]: “Nei concorsi per l’ammissione alle carriere direttive e di concetto le riserve di posti previste da leggi speciali in favore di particolari categorie di cittadini non possono complessivamente superare la metà dei posti messi a concorso”, ed è confermato dall’art. 7, comma 2, della legge 68/1999[3], dall’art. 1014, comma 1, del d.lgs. 66/2010[4] e dall’art. 5, comma 1, del d.p.r. 487/1994.

Tale principio, però, va messo in relazione con il diritto di alcune categorie di cittadini di poter accedere ai posti pubblici ed infatti, nel caso soprattutto di enti di minori dimensioni, è possibile prioritariamente riservare l’unico posto ad una delle categorie previste dalle disposizioni di legge in materia. Ciò soprattutto nel caso della scopertura della quota d’obbligo prevista dalla legge 68/1999. Il Dipartimento della Funzione Pubblica nella direttiva n. 1/2019[5]: “Chiarimenti e linee guida in materia di collocamento obbligatorio delle categorie protette” ha specificato che: “Nei concorsi pubblici ad un solo posto, ferma restando la partecipazione aperta a tutti, il posto unico bandito rimane riservato al disabile che risulti idoneo, atteso l’obbligo di copertura della quota”.

Le riserve obbligatorie sono le seguenti:

    riserva di posti a favore di coloro che appartengono alle categorie di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, o equiparate;

    riserva di posti ai sensi degli articoli 1014 e 678 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

    riserva di posti a favore degli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile universale ai sensi dell’art. 18, comma 4, del d.lgs. 40/2017, introdotta dal d.l. 44/2023, convertito in legge 74/2023.

Le ultime due riserve costituiscono un computo che si sviluppa nel tempo e le varie frazioni di posto si sommano una dopo l’altra fino ad ottenere un posto intero.

L’ordine delle riserve soprariportate è lo stesso individuato dal comma 3 dell’art. 5 citato che precisa quanto segue: “Qualora tra i concorrenti dichiarati idonei nella graduatoria di merito ve ne siano alcuni che appartengono a più categorie che danno titolo a differenti riserve di posti, si tiene conto prima del titolo che dà diritto ad una maggiore riserva (…).”

Tratto da Personale News n. 21/2023

NOTE

 

[1] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.presidente.della.repubblica:1994-05-09;487!vig=

 

[2] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.presidente.della.repubblica:1957-01-10;3!vig=

 

[3] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1999-03-12;68!vig=

 

[4] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-15;66!vig=

 

[5]Disponibile al link: https://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/25-06-2019/direttiva-concernente-%E2%80%9Cchiarimenti-e-linee-guida-materia-di

Destinazione dei proventi derivanti dalle multe: chiarimenti

Il Dottor Andrea Bufarale risponde a un interrogativo in materia di destinazione dei proventi derivanti dalle multe per infrazioni al Codice della Strada.

Questa Amministrazione Comunale vorrebbe destinare parte dei proventi derivanti da infrazioni al codice della strada ex art. 208 ad interventi di realizzazione di marciapiedi in alcune zone del territorio che attualmente ne sono sprovviste. E’ ammissibile tale spesa?

a cura di Andrea Bufarale
Destinazione dei proventi derivanti dalle multe

Il citato art. 208 del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992), al comma 4 dispone testualmente che:

Una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli enti di cui al secondo periodo del comma 1 è destinata:

    a) in misura non inferiore a un quarto della quota, a interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, dimessa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell’ente;
    b) in misura non inferiore a un quarto della quota, al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l’acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell’articolo 12;
    c) ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell’ente, all’installazione, all’ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all’articolo 36, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all’educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell’articolo 12, alle misure di cui al comma 5-bis del presente articolo e a interventi a favore della mobilità ciclistica.

In particolare, pertanto, la lettera c) del citato comma prevede che parte della quota vincolata di detti proventi può essere destinata “ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale relative … a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti …“.

Al fine di verificare se la realizzazione di marciapiedi rientri nelle finalità di “sicurezza stradale” e quindi come spesa ammissibile occorre far preliminarmente riferimento al concetto di “sicurezza integrata” introdotta dall’articolo 1 del D.L. 20 febbraio 2017 n. 14, secondo il quale per detta sicurezza si intende “l’insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonché da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali”.

Ad abundantiam di recente è intervenuto un importante parere della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la regione Veneto (n. 421/2023) che ha testé disposto che nella citata previsione normativa del comma 4 dell’art. 208 del Codice della Strada, “si possono ricomprendere anche le spese concernenti la realizzazione di parcheggi, di aree di manovra finalizzate all’inversione di marcia di veicoli e la realizzazione di marciapiedi, in quanto finalizzati ad accrescere la sicurezza stradale per gli utenti deboli“.

Tanto ciò premesso, riteniamo che la spesa riguardante la realizzazione di marciapiedi possa essere ritenuta ammissibile e finanziabile con i proventi ex art. 208 del CDS.

lentepubblica

Procedure sotto soglia con più concorrenza

Nuovo Codice Appalti, procedure sottosoglia, circolare interpretativa del Mit. 20 novembre 2023, n. 298, Busìa: “Marcia indietro del governo, ora più concorrenza "

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato – in condivisione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento Affari Giuridici e Legislativi- una circolare interpretativa dell’articolo 50 del nuovo Codice degli Appalti riguardante le procedure di affidamenti di lavori, servizi e forniture.  Si tratta di “chiarimenti interpretativi in merito alla possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie”.

“Si ribadisce – si legge nella circolare – che le disposizioni contenute nell’articolo 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla Direttiva 2014/24/UE”.

La circolare con la quale il MIT interviene sulle procedure sotto soglia (affidamenti diretti e procedura negoziata senza bando), innovando rispetto a quanto affermato col nuovo Codice degli Appalti, indicando che bisogna tenere conto non solo del principio di risultato, ma anche degli altri principi del Codice, tra cui innanzitutto quello di trasparenza. E’ quindi fatta salva la possibilità per le Stazioni Appaltanti di ricorrere a procedure selettive pubbliche e pubblicazione dei bandi, e che tutto va interpretato sulla base dei principi dell’UE, che sono appunto quelli della concorrenza.
 

Il commento di Busia

“La circolare è una evidente marcia indietro del Governo e mostra che le nostre obiezioni erano fondate”, dichiara il Presidente di Anac Giuseppe Busìa. “Il Ministero lo fa con una circolare e non – come sarebbe stato necessario - con legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti. Prevedere che sia obbligatorio l’affidamento diretto per tutti i contratti per l’acquisto di beni o servizi sopra i 140mila euro e che si arrivi ad assegnare i lavori fino ad oltre cinque milioni di euro senza pubblicare neanche un avviso pubblico rappresentava una forzatura. Numericamente, si tratta infatti della stragrande maggioranza dei contratti significava che sarebbero stati sottratti alle più elementari forme di pubblicità, a danno delle imprese e delle casse pubbliche. È infatti evidente che, se per spendere ben oltre centomila euro, l’amministrazione non deve neanche chiedere due preventivi, si rivolgerà alla prima impresa che capita, e questa non avrà alcun interesse a contenere la propria offerta”.

“Anche fuori dai casi di piccola o grande corruzione – continua il Presidente Busìa - è chiaro che ad essere premiato sarà il fornitore più ‘vicino’ o comunque quello già conosciuto, e non quello più bravo. Con il risultato ultimo di spendere di più, avendo in cambio forniture e servizi di minore qualità o opere destinate a durare meno”.

“La trasparenza   specie in tempi di digitalizzazione   non solo non fa perdere tempo, ma lo fa guadagnare, sia perché la gara occupa da sempre una piccola percentuale di tempo rispetto alla fase autorizzatoria ed all’esecuzione, sia perché solo le imprese selezionate in modo trasparente per essere migliori e non più amiche, sono in grado di portare avanti rapidamente i lavori”.

“Se vogliamo creare sviluppo e ricchezza, dobbiamo spingere le nostre imprese ad investire in innovazione e qualità, non in pubbliche relazioni con i decisori dei diversi livelli istituzionali".

Prospetto IMU dal 2025

Con il comunicato del 30 novembre 2023, il Ministero dell’economia ha informato i Comuni della proroga all’anno 2025 dell’obbligo di redigere il Prospetto delle aliquote dell'IMU utilizzando l’applicazione informatica messa a disposizione sul portale del MEF, come disposto dall’art. 6-ter del dl n. 132 del 2023 (DL Proroghe Fisco). Viene inoltre diramata la versione aggiornata delle Linee guida per la compilazione del Prospetto.

 

Infine, il Mef precisa che per l’anno 2024:

 

    i Comuni devono continuare a trasmettere la delibera di approvazione delle aliquote dell’IMU secondo le modalità sinora utilizzate, vale a dire tramite l’inserimento del testo della delibera stessa nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, entro i consueti termini dell’invio al 14 ottobre di ciascun anno, per la successiva pubblicazione sul Portale entro il 28 ottobre;

 

    “non vige l’obbligo di diversificare le aliquote dell’IMU utilizzando le fattispecie individuate nel decreto del 7 luglio 2023 e che, in mancanza di una delibera approvata e pubblicata nei termini di legge, si applicano, ai sensi dell’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006, le aliquote vigenti nell’anno di imposta 2023”.

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