IVA indetraibile per somministrazione illecita

Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli, sentenza n. 16186 del 18 novembre 2024

Il giudice tributario nella fattispecie concreta ha stabilito, accogliendo la tesi dell’Amministrazione finanziaria, che dalla somma di tali elementi è da ritenersi provato che in definitiva quello che veniva richiesto all’appaltatore ricorrente erano soltanto prestazioni di lavoro dipendente e non un risultato garantito da un’autonoma organizzazione di impresa.

Anche la configurazione giuridica delle condotte e quindi l’inquadramento delle medesime nelle violazioni fiscali contestate negli accertamenti, appaiono corretti e conformi ai principi espressi ripetutamente dalla giurisprudenza della Suprema Corte in ordine alla somministrazione illecita di manodopera. In relazione alla detrazione IVA infatti la medesima (Cass n. 34747/2019), in un caso del tutto similare di somministrazione irregolare di manodopera mascherata attraverso contratti di appalto di servizi ritenuti non genuini, ha ritenuto, che l’IVA assolta sulle fatture emesse non può essere portata in detrazione, trattandosi di operazione soggettivamente inesistenti. Conformi sono le sentenze di Cassazione n. 20901/2020 e 25540/2013, secondo cui le fatture emesse dal somministratore vanno considerate inesistenti in quanto l’operazione fatturata (prestazione dipendente da contratto di appalto) non è mai avvenuta. Similmente altra sentenza (Cass. n. 24540/2013) aveva ritenuto che, a causa della nullità dei contratti intervenuti tra committenti, appaltatore e lavoratore, le prestazioni effettuate a favore del committente dovevano essere considerate come effettuate dai singoli lavoratori, con conseguente riferibilità delle prestazioni a un soggetto diverso da quello che aveva emesso le fatture

Sul punto relativo alla contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti, vastissima è stata la giurisprudenza di legittimità secondo cui “…in operazioni la cui fatturazione viene ritenuta mera espressione cartolare di attività commerciali in realtà mai poste in essere, l’amministrazione ha solo l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma meramente indiziaria e presuntiva, del fatto che l’operazione fatturata non è stata realizzata spettando poi al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, prova che tuttavia non può ridursi all’esibizione della fattura o alla dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia” (Cass. nn. 5406/16, 28683/15,13253/15, 16936/15, 428/15, 12802/11, 9138/10, 9476/10, 15228/01)”(ordinanza 26 settembre 2016, n. 1879022). Nella fattispecie, a fronte di tutto quanto sopra riportato, l’onere dell’Amministrazione può ritenersi pienamente soddisfatto; al contrario, la controparte, col presente gravame, nulla di sostanziale ha opposto alla ricostruzione operata a suo carico per gli anni di imposta 2018 e 2019.

Alla luce di tutto quanto esposto per l’anno di imposta 2018 appare corretta la quantificazione dei costi indeducibili ai fini IRES e IRAP in € 690.918,00 e dell’IVA indetraibile in € 152.001,96
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