La nuova spending review

spending reviewAndare oltre i risparmi, pari a circa 3,7 miliardi di euro, indicati per il 2015 dalla legge di Stabilità e farlo, se sarà possibile, anche più rapidamente. È l'obiettivo che viene indicato per la spending review del commissario Carlo Cottarelli nel corso di un briefing tecnico al ministero dell'Economia.

La cifra comprende i 600-700 milioni che dovrebbero essere il frutto della revisione di spesa a cui vanno aggiunti i 3 miliardi necessari per raggiungere l'obiettivo di deficit senza aumentare l'imposizione fiscale secondo il quadro attuale, tenendo cioè presente che se ci fosse maggiore crescita o se i risparmi fossero maggiori la cifra richiesta sarebbe minore. Si comincia presto, visto che il 13 novembre il commissario presenterà un programma all'apposito comitato interministeriale con un orizzonte, come indicato dal decreto del Fare, di tre anni, ma i cui risultati sono attesi molto prima: la legge di Stabilità indica infatti il termine del 31 luglio per l'adozione delle misure di ottimizzazione della spesa basate sulla sua proposta. Cottarelli indica come termine per la presentazione di proposte concrete il mese di marzo o i primi giorni del mese di aprile.

La differenza fra la revisione della spesa del commissario in arrivo dal Fondo monetario, e quella condotta dal suo predecessore Enrico Bondi o indicata nel Rapporto Giarda è nel merito e nel metodo: il progetto targato Cottarelli prevede che non siano passate al setaccio solo alcune parti, quali beni e servizi, della spesa pubblica ma la sua interezza. Guardando dunque a tutte le sue componenti, comprese quelle degli enti locali e delle società controllate (con eccezione di quelle che emettono titoli).

La nuova spending review, è stato inoltre chiarito nel briefing, intende diventare non un esercizio una tantum ma una pratica da mettere in atto ogni due, tre anni, al fine di mantenere in buone condizioni la spesa pubblica. E, ancora, Cottarelli non sarà un uomo solo al comando: il commissario lavorerà con l'aiuto di un 'gruppo basè di una decina di persone che già lavorano nella Pa, senza aggravi di spesa. Questo gruppo coordinerà il lavoro di altri gruppi che faranno o un lavoro verticale (per gruppi di spesa) o orizzontale, per beni e servizi. I gruppi di lavoro saranno composti da rappresentanti degli stessi ministeri di cui si passa in rassegna la spesa e con una forte componente della Ragioneria generale dello Stato, che avrà un ruolo importante in tutto il processo. Una collaborazione cui potrà essere d'aiuto la lunga consuetudine, ventennale, fra il neo-commissario alla Spending e l'attuale Ragioniere generale Daniele Franco.

Dei gruppi di lavoro faranno parte anche rappresentanti dell'Istat, di Bankitalia, della Corte dei conti o anche consulenti esterni, se saranno disposti a lavorare gratuitamente, chiarisce Cottarelli. Lui stesso ha rinunciato a una parte del suo compenso accettando (ma ancora non è ufficiale visto che bisognerà apportare una modifica al dl del Fare) che dai 300mila euro lordi di retribuzione previsti dal decreto sia tagliato il 13% corrispondente alla spesa per i contributi, che non erano stati calcolati al momento dell'offerta. Quindi la sua retribuzione scenderà a circa 260mila euro lordi. Al Fmi la sua retribuzione era pari a 330mila dollari al netto delle imposte dirette (cui si sottraeva circa il 7% di contributi pensionistici e il 12% per quelli sanitari).

Non è stata di certo una scelta legata allo stipendio (che anzi si riduce) quella di Carlo Cottarelli che spiega di avere accettato la proposta del governo Letta, dopo una lunga riflessione, mosso dal desiderio di tornare in Italia di cui confessa di avere sempre sentito la mancanza. Ha contribuito anche la voglia di fare qualcosa per il suo Paese. Dalle cui radici, a Cremona, giunge un consiglio che gli dava la zia e che ora può diventare il motto della nuova spending: «se non si può, si fa senza». E ancora sul piatto della bilancia di Cottarelli ha pesato la motivazione professionale che il commissario riassume, con una filosofia più anglosassone che italiana, nel fatto di avere capito di non avere più idee nuove da portare avanti al Fmi (dove per cinque anni è stato alla guida del dipartimento Affari fiscali).

Un elemento che, dice, non può che spingere un manager a fare qualcos'altro. Ora ha davanti a sè un compito molto difficile che, si rende conto, può dare buoni risultati solo se c'è il supporto dell'intera amministrazione. Con un rapporto che ovviamente riguarderà i referenti governativi ma che Cottarelli intende esercitare con l'indipendenza che viene indicata dalla norma. Il suo compito, ricorda, è avanzare proposte di revisione della spesa che indichino anche quali costi e quali vantaggi comportino. Poi saranno Governo e Parlamento a dover compiere le scelte e assumere le decisioni.

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